L'Avv. VANIA SCIARRA è avvocato matrimonialista specializzato nel diritto di famiglia, in particolare nella soluzione stragiudiziale e giudiziale delle controversie in ambito matrimoniale, SEPARAZIONI e DIVORZI, e nell'ambito di CONVIVENZA more uxorio.
E' possibile ricevere assistenza legale SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE - grazie alla recentissima introduzione del PCT (Processo Civile Telematico) - ed IN TEMPI BREVISSIMI - grazie alle recentissime riforme legislative apportate in materia con il D.L. 12 settembre 2014 n. 132 - G.U. n. 212 del 12.09.2014 (Procedura di negoziazione assistita da un avvocato - Divorzio breve).

Informazioni personali

La mia foto
Lo STUDIO LEGALE "AVV. VANIA SCIARRA" si trova in Via Fedele Romani n. 15 (PE) - I recapiti telefonici sono: Tel. Cell. 339.7129029. A ROMA Via Lucantonio Cracas n. 7 e a PIACENZA Viale Malta n. 12. Indirizzo di posta elettronica: avv.vaniasciarra@libero.it

martedì 28 marzo 2017

SEPARAZIONE E DIVORZIO: Il giudice non è tenuto ad ascoltare l’infradodicenne



SEPARAZIONE E DIVORZIO: Il giudice non è tenuto ad ascoltare l’infradodicenne
La prima sezione civile fa il punto sui doveri del magistrato nell’ambito di giudizi sullo stato di abbandono dei minori
Nell’ambito del giudizio di adozione il magistrato non è tenuto ad ascoltare l’infradodicenne, in assenza di una specifica istanza di parte, né a fornire alcuna motivazione. Al contrario, se sono i genitori biologici a fare richiesta dell’incontro, il giudice dovrà procedere e giustificare la capacità di discernimento del ragazzino.
Sono queste le conclusioni cui è giunta la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 5676 del 7 marzo 2017, ha respinto il ricorso di un padre biologico che si opponeva allo stato di abbandono del figlio usando come grimaldello il mancato ascolto del minore non ancora dodicenne.
È la vicenda di una coppia di un paesino vicino a Cagliari. Lei, tossicodipendente e lui assolutamente privo di coscienza rispetto alle esigenze di crescita del figlio.
In più le rispettive famiglie di origine non avevano manifestato alcun interesse per il piccolo. Ecco perché era scattato lo stato di abbandono, oggi reso definitivo dagli Ermellini.
Con una lunga e interessante motivazione la Suprema corte chiarisce che il giudice ha il potere discrezionale officioso di disporre l'ascolto del minore anche al fine di verificarne la capacità di discernimento. Non solo, il giudice deve disporre l'ascolto o motivarne l'omissione se vi sia un'istanza di parte che indichi "gli argomenti e i temi di approfondimento" (art. 336 bis, secondo comma cod. civ.) sui quali si ritiene necessario l'ascolto, scattando in mancanza la sanzione della nullità processuale. Lo stesso magistrato non ha l'obbligo, senza sollecitazione di parte, di giustificare la scelta omissiva. E infine, il compimento dei dodici anni in corso di giudizio e più esattamente nella fase d'appello impone di procedere all'ascolto del minore non effettuato nel grado precedente o di motivare espressamente la scelta negativa, anche senza istanza di parere.

lunedì 27 marzo 2017

Separazione: addebito al marito che tradisce, anche se lei lascia la casa



Separazione: addebito al marito che tradisce, anche se lei lascia la casa
Per la Cassazione la causa della rottura della coppia è la relazione extraconiugale che giustifica l'allontanamento dalla casa familiare
Lui tradisce e lei va via di casa? La separazione va addebitata al marito perché è sua la responsabilità della rottura della vita matrimoniale a causa della relazione extraconiugale. Lo ha stabilito la Cassazione con la recente sentenza n. 7469/2017 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di un uomo che si opponeva all'addebito della separazione a suo carico, insistendo sull'abbandono della casa coniugale da parte dell'ex moglie e dunque sulla sua violazione del dovere di coabitazione.
Ma a nulla valgono le doglianze dell'uomo, giacchè egli trascura un particolare importante, ossia il fatto che l'allontanamento dalla casa familiare da parte della ex era legato alla scoperta della relazione da lui intrattenuta con un'altra, la vera ragione della fine del rapporto.
Ciò giustifica pertanto, afferma la prima sezione civile, in accordo con quanto stabilito dal giudice d'appello, l'abbandono del tetto coniugale, in quanto "effetto della frattura dell'unione già verificatasi".
In quest'ottica, concludono gli Ermellini rigettando il ricorso, la corte di merito ha correttamente escluso la responsabilità della donna per il fallimento del matrimonio, osservando che l'allontanamento della stessa dalla casa coniugale "non costituiva violazione del dovere di coabitazione, essendo stato determinato dalla scoperta di una relazione intrapresa dall'uomo con un'altra donna, e individuando proprio in tale circostanza la causa dei litigi tra i coniugi e dell'irreversibile crisi del nucleo familiare, con la conseguente addebitabilità della separazione al ricorrente".



venerdì 24 marzo 2017

SEPARAZIONE: L'ex moglie ha un problema fisico. Legittimo l'aumento dell'assegno di mantenimento da 350 euro a 500 mensili.



SEPARAZIONE: L'ex moglie ha un problema fisico. Legittimo l'aumento dell'assegno di mantenimento da 350 euro a 500 mensili.
Decisivi i certificati medici prodotti in giudizio.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 dicembre 2016 – 20 marzo 2017, n. 7153
Presidente Dogliotti – Relatore Ragonesi

Fatto e diritto

“Il relatore Cons. R., letti gli atti depositati, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. osserva quanto segue.
Il Tribunale di Roma con sentenza del 10.23.12 ha accolto la richiesta presentata del S. di scioglimento del matrimonio contratto con D. P. R. ponendogli a carico l'ammontare di 350,00 Euro a titolo di assegno mensile di divorzio.
La D. P. ha proposto appello contro la sentenza di prime cure lamentando che non era stata ritenuta provata la sussistenza della patologia di cui era affetta che ne condizionava la capacità lavorativa.
La Corte d'Appello con sentenza n. 7030/14 ,in parziale accoglimento del gravame, ha determinato in Euro 500,00 mensili l'ammontare dell'assegno di divorzio in favore della D. P.. Ricorre per cassazione il S. contestando la decisione assunta dalla Corte d'Appello.
Con l'unico motivo di ricorso il S. si duole per aver la Corte d'Appello attribuito a certificazione medica privata capacità e validità probatoria ponendo tali documenti a fondamento della decisione assunta e lamenta la violazione dell'art. 115 c.p.c. per la mancata indicazione degli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento.
Sotto diverso profilo contesta la valutazione del suo reddito in base alla quale è stato aumentato l'assegno.
Lamenta inoltre la condanna alla spese di giudizio.
La D. P. ha resistito con controricorso.
Il ricorso è inammissibile.
Quanto alla valutazione delle prove la Corte si è basata sui certificati medici prodotti e trattasi di valutazione sulla attendibilità degli stessi non soggetta a scrutinio in sede di legittimità.
Le ulteriori censure rese dallo S. a sostegno del suo ricorso sono che delle affermazioni apodittiche che tendono a fornire una diversa ricostruzione in fatto rispetto a quella effettuata dal giudice di merito e come tali non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità.
In particolare il reddito dello stesso risulta accertato dalla Corte d'appello in base ai CUD che agli estratti conto bancari. Trattasi di valutazione di merito non sindacabile in questa sede.
Per quanto concerne la compensazione delle spese, trattasi di valutazione discrezionale del giudice di merito anch'essa non sindacabile in sede di legittimità.
Ricorrono i requisiti di cui all'art 375 c.p.c. per la trattazione in camera di consiglio.

P.Q.M.

Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio.
Roma 11.07.2016
Il Cons. relatore"
Vista la memoria del resistente ;
Considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra e che, pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2000,00 oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre accessori di legge. Sussistono le condizioni per l'applicazione del doppio del contributo. Si dispone l'oscuramento dati personali in caso di pubblicazione

mercoledì 22 marzo 2017

L'ex coniuge può chiedere la restituzione del denaro investito nella ristrutturazione dell'immobile adibito a casa familiare di proprietà dei suoceri.



L'ex coniuge può chiedere la restituzione del denaro investito nella ristrutturazione dell'immobile adibito a casa familiare di proprietà dei suoceri.
Cassazione Civile  n. 8594 dell' 11 aprile 2014.
Nel caso di lavori fatti nell'immobile adibito a casa familiare, di proprietà dei suoceri, il soggetto che ha provveduto a pagare i lavori di ristrutturazione nella casa coniugale, in seguito a separazione, può chiedere la restituzione delle somme.
A tal riguardo, per molto tempo, la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, ha precisato che tale soggetto potesse esperire l'azione prevista dall'art. 2041 del codice civile ossia di arricchimento senza causa. La norma citata prevede che “chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un'altra persona è tenuto, nei limiti dell'arricchimento, a indennizzare quest'ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”.
Ebbene, alla luce di quanto esposto, contrariamente a tale orientamento, la Cassazione con la pronuncia n. 8594 dell'11.04.2014, ha precisato che si deve trattare di una azione di “ripetizione dell'indebito” e non già invece una domanda di “arricchimento senza giusta causa”
Per meglio dire, nella vicenda in esame, vi è stata la richiesta di restituzione, da parte di una donna, delle somme da lei spese per ammodernare l'appartamento di proprietà dei suoceri e da questi ultimi concesso alla coppia come casa coniugale. Gli Ermellini, a tal riguardo hanno precisato che è sempre possibile, quindi, recuperare i soldi utilizzati per la ristrutturazione di una casa non propria, anche se adibita poi a tetto domestico. Infatti, sebbene lo scopo di chi paga la ditta di lavori sia quello di avvantaggiare la coppia (marito e moglie) con il rifacimento dell'appartamento, una volta che il matrimonio si spezza tali migliorie restano ad esclusivo vantaggio del terzo titolare dell'immobile.
Non essendo, infatti, l'appartamento più adibito a casa coniugale, il proprietario avrebbe ricevuto un pagamento senza titolo, con conseguente obbligo di restituzione.
È peraltro irrilevante che il denaro sia stato materialmente donato, al coniuge che ha sostenuto tale spesa, da un terzo soggetto (nel caso di specie, il padre della donna), e quest'ultimo lo abbia poi investito nella ristrutturazione.
In virtù di quanto sopra esposto si evidenzia pertanto che, per recuperare il denaro, non deve essere esperita la domanda di “arricchimento senza causa” ex. art. 2041 c,c., bensì   la cosiddetta domanda di ripetizione dell'indebito prevista dall'art. 2033 c.c. che recita “chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato”.
In pratica é un indebito oggettivo il pagamento di un debito inesistente, cioè non dovuto né da colui che ha eseguito la prestazione, né da altri (si tratta, dunque, di un pagamento privo di qualsiasi causa giustificativa). La differenza tra i due rimedi si può comprendere dalla vicenda regolata dalla sentenza: la donna aveva speso in costanza di matrimonio, delle somme per ristrutturare la casa in cui viveva con l'ex consorte concessa dai suoceri come casa coniugale e, terminata la relazione, ne chiedeva la restituzione.



martedì 21 marzo 2017

Accordi prematrimoniali: in arrivo la legge



Accordi prematrimoniali: in arrivo la legge
Il ddl sull'introduzione degli accordi prematrimoniali all'esame della commissione giustizia della Camera. Le novità e il testo
Ammettere i patti prematrimoniali, con cui i coniugi possono stabilire preventivamente le regole, soprattutto economiche, di un eventuale divorzio, prima del matrimonio. E' questo lo scopo della proposta di legge depositata alla Camera più di due anni fa (leggi: "Accordi prematrimoniali: ecco il nuovo disegno di legge"), che con un po' di ritardo rispetto alla tabella di marcia prefissata (visto che doveva essere calendarizzata subito dopo la legge sulle unioni civili), ha iniziato in questi giorni l'esame in commissione giustizia a Montecitorio.
Il provvedimento (qui sotto allegato), che vede come primi firmatari i deputati Alessia Morani (PD) e Luca d'Alessandro (ALA), ha l'obiettivo, si legge nella relazione al testo, di "riconoscere ai futuri coniugi nel momento che precede il matrimonio una più ampia autonomia al fine di disciplinare i loro rapporti patrimoniali e personali anche relativamente all'eventuale fase di separazione e di divorzio, attraverso accordi contenuti in un'apposita convenzione".
Tale tipologia di accordi, ad oggi, "viene ritenuta nulla da costante giurisprudenza, in particolare con riferimento agli accordi di divorzio", a differenza, invece, di quanto avviene in altri paesi europei (e d'oltreoceano) in cui i patti prematrimoniali sono pacificamente ammessi e regolamentati.
Riconoscere ai coniugi, la facoltà di gestire anticipatamente e consensualmente i propri rapporti patrimoniali e personali in relazione ad un'eventuale futura crisi del matrimonio, sostengono i relatori, "può costituire uno strumento molto utile, specialmente al fine di evitare che la fase di negoziazione di tali rapporti avvenga nel momento in cui il matrimonio è entrato già in crisi e sono particolarmente difficili il compimento di un accordo e il raggiungimento di un assetto che soddisfi entrambi i coniugi, in presenza di reciproche recriminazioni e rivendicazioni".
I CONTENUTI DEL DISEGNO DI LEGGE
Gli accordi prematrimoniali
Il testo prevede che i futuri coniugi, prima di contrarre matrimonio, possono stipulare, in base al nuovo art. 162-bis del codice civile, "con la forma prevista dall'articolo 162", ovvero mediante negoziazione assistita, da uno o più avvocati, "accordi prematrimoniali volti a disciplinare i rapporti dipendenti dall'eventuale separazione personale e dall'eventuale scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio".
Se ci sono figli minori o economicamente non autosufficienti gli accordi dovranno essere autorizzati dal procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, laddove ritenga che i patti siglati non rispondano all'interesse dei figli, ne indica i motivi e invita le parti a un'eventuale riformulazione, ovvero, "qualora non ritenga autorizzabile neppure la versione eventualmente riformulata, nega definitivamente l'autorizzazione".
Il contenuto
Secondo quanto prevede il disegno di legge, negli accordi prematrimoniali un coniuge può decidere di attribuire all'altro una somma di denaro periodica o una tantum, così come un diritto reale su uno o più immobili, anche con il vincolo di destinare, ai sensi dell'articolo 2645-ter, i proventi al mantenimento dell'altro coniuge o al mantenimento dei figli fino al raggiungimento dell'autosufficienza economica degli stessi. Il limite, in ogni caso, è quello di non poter attribuire all'altro più di metà del proprio patrimonio.
Negli accordi c'è spazio anche per la rinuncia da parte del futuro coniuge al mantenimento da parte dell'altro, facendo salvo solo il diritto agli alimenti ex artt. 433 e seguenti c.c.
Possono essere trasferiti all'altro coniuge o a un terzo anche "beni o diritti destinati al mantenimento, alla cura o al sostegno di figli disabili per la durata della loro vita o fino a quando permane lo stato di bisogno, la menomazione o la disabilità".
Inoltre, può essere stabilito, previo accordo delle parti, un criterio di adeguamento automatico del valore delle attribuzioni patrimoniali predisposte con gli accordi.
Gli accordi possono essere stipulati o modificati in ogni momento, anche durante il matrimonio, e comunque prima del deposito del ricorso per separazione personale o della sottoscrizione della convenzione di negoziazione assistita o ancora della conclusione dell'accordo di cui, rispettivamente agli articoli 6 e 12 del d.l. n. 132/2014. I ricorsi di separazione e divorzio devono contenere il riferimento agli accordi prematrimoniali stipulati e, nelle sentenze, i giudici devono tenerne conto.
I patti successori
Rilevante nel disegno di legge è, altresì, la previsione che consente ai due futuri coniugi, in deroga al divieto dei patti successori e alle norme in materia di riserva del coniuge legittimario, di prevedere negli accordi prematrimoniali, anche norme per la successione di uno o di entrambi i coniugi, fatti salvi i diritti degli altri legittimari.
I patti possono essere modificati in ogni momento anche durante il matrimonio.
Tale previsione, evidenziano i relatori, "può favorire l'accesso all'istituto del matrimonio per le coppie che sono restie a compiere tale passo per non arrecare danni sotto il profilo successorio ai figli di primo letto" oltre a far venir meno l'alternativa a volte molto difficile, "tra la scelta di dare attuazione a princìpi etici e quella di prediligere contrarie esigenze di carattere economico e morale di natura successoria (quali, per esempio, evitare l'ingresso di soggetti estranei in compagini societarie con assetti già definiti o evitare conflittualità con i figli nati dal primo matrimonio)".