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venerdì 27 ottobre 2017

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mercoledì 5 aprile 2017

Separazione e divorzio: coniuge può accedere ai documenti fiscali del marito



Separazione e divorzio: coniuge può accedere ai documenti fiscali del marito
TAR, Puglia-Bari, sez. III, sentenza 31/01/2016 n° 94
Il coniuge è titolare di un diritto soggettivo di accesso alla documentazione detenuta dall’Agenzia delle Entrate a tutela degli interessi economici e della serenità del nucleo familiare, soprattutto in presenza di figli minori, da utilizzare nel corso di un giudizio di separazione personale.
In tali casi, il diritto alla riservatezza in materia di accesso a tali documenti “sensibili” del coniuge è da considerarsi recessivo.
Il Tar Puglia – sez. III, sentenza 31 gennaio 2017 n. 94 – ha ordinato all’Agenzia delle Entrate di consentire l’accesso agli atti, ai sensi della Legge n. 241/1990, costituiti dalla documentazione fiscale, patrimoniale e reddituale relativa al marito, per consentirne l’uso alla moglie nel procedimento pendente di separazione personale.
La donna intendeva dimostrare che il marito, sottraendosi all’onere di contribuire alle spese della famiglia, si era creato un patrimonio personale, formato da rilevanti risparmi, che non poteva considerarsi di sua esclusiva proprietà.
L’Agenzia le aveva negato l’accesso sostenendo che l’amministrazione non deteneva direttamente i documenti richiesti, e comunque gli stessi avrebbero richiesto elaborazione di dati.
Il TAR Puglia ha invece ritenuto legittima la domanda.
Il diritto di accesso ai documenti amministrativi, previsto dal Capo V della legge n. 241 (artt. dal 22 al 28), ha finalità d’interesse generale, al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa, ma ha anche lo scopo di tutelare il singolo.
Si parla, infatti, di diritti riconosciuti per salvaguardare posizioni giuridicamente rilevanti, quali diritti soggettivi e interessi legittimi.
La Legge 11 febbraio 2005, n. 15, innovando tale legge, ha dettato una disciplina più organica e completa in materia di accesso ai documenti.
L’art. 22, come novellato dalla Legge n. 15/2005 alla lett. a) del comma 1, a differenza della normativa precedente, definisce il diritto di accesso, inteso come il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia dei documenti amministrativi.
L’oggetto del diritto di accesso è costituito dai documenti amministrativi, definiti dalla lett. d) dell’art. 22, come ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti relativi ad un determinato procedimento detenuti dalla Pubblica Amministrazione.
L’interesse deve essere diretto, concreto, attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso.
Secondo il tribunale amministrativo, gli atti richiesti rientrano nell’ampia nozione di documento amministrativo di cui all’art. 22, trattandosi di atti utilizzabili dall’Amministrazione finanziaria per l’esercizio delle funzioni istituzionali, benché non formati da questa.
Non è possibile sostenere che si tratti di atti interni privi di ogni rilevanza giuridica, o di semplici informazioni, che hanno bisogno di attività di elaborazione e/o estrapolazione, non esigibile dall’Amministrazione.
La sentenza del tribunale pugliese, parla di giurisprudenza consolidata sul punto e richiama la recentissima sentenza del TAR Veneto, in cui si riconosce “il diritto del coniuge, anche in pendenza del giudizio di separazione o divorzio, di accedere alla documentazione fiscale, reddituale e patrimoniale dell’altro coniuge, al fine di difendere il proprio interesse giuridico, attuale e concreto, la cui necessità di tutela è reale ed effettiva e non semplicemente ipotizzata” (T.A.R. Veneto, sez. I sent. n. 61 del 19.01.2017).
Gli interessi economici e la serenità del nucleo familiare, soprattutto in presenza di figli minori delle parti in causa, richiedono una tutela prevalente o quantomeno un bilanciamento con il diritto alla riservatezza previsto dalla normativa in materia di accesso ai documenti “sensibili” del coniuge.
L’istanza di accesso della donna è stata accolta, per essere la moglie titolare di un interesse qualificato, con l’unica limitazione derivante dal D.M. n. 603 del 29.10.1996 art. 5 lettera a).
Il Decreto disciplina le categorie di documenti sottratti al diritto di accesso dell’art. 24 comma 4, della legge n. 241/1990.
La norma stabilisce che, anche in caso di documenti sottratti all’accesso, è consentita “la visione degli atti dei procedimenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per la cura o la difesa degli interessi giuridicamente rilevanti propri di coloro che ne fanno motivata richiesta”.

lunedì 3 aprile 2017

SEPARAZIONE - DIVORZIO - Il genitore che mantiene da solo il minore si rifà sull’altro anche per l’epoca anteriore alla domanda



SEPARAZIONE - DIVORZIO - Il genitore che mantiene da solo il minore si rifà sull’altro anche per l’epoca anteriore alla domanda
Sì al ricorso dell’uomo, legittimato «iure proprio» ad agire per il rimborso della quota di spettanza: l’obbligo di mantenimento sorge alla nascita del bimbo come gestione di affari ex articolo 2031 Cc
    Chi ha provveduto da solo al mantenimento del figlio può agire iure proprio per ottenere il risarcimento dall’altro genitore. Lo ha sancito la Cassazione che, con l’ordinanza 6819/17, pubblicata il 15 marzo scorso dalla sesta sezione civile, ha accolto il ricorso di un uomo che citava in giudizio la ex per ottenere il rimborso di quanto versato per il figlio di cui si era preso integralmente cura.
Il giudice di appello rigettava la domanda di regresso proposta contro il coniuge per il rimborso della quota di spettanza, ma la negazione del diritto, come ha modo di chiare la Corte suprema, è in contrasto con i principi di diritto finora espressi dalla giurisprudenza di legittimità. I giudici della sesta sezione civile, infatti, ricordano che «il coniuge che abbia integralmente adempiuto l’obbligo di mantenimento dei figli, pure per la quota facente carico all’altro coniuge, è legittimato ad agire iure proprio nei confronti di quest’ultimo per il rimborso di detta quota, anche per il periodo anteriore alla domanda, atteso che l’obbligo di mantenimento dei figli sorge per effetto della filiazione e che nell’indicato comportamento del genitore adempiente è ravvisabile un caso di gestione di affari, produttiva a carico dell’altro genitore degli effetti di cui all’articolo 2031 Cc».

Per quanto riguarda, poi, gli «interessi sul capitale» del minore, spettano al genitore che esercita la potestà (articolo 324 Cc); pertanto, va escluso che il figlio, una volta maggiorenne, «sia legittimato ad agire per il pagamento degli interessi inerenti al periodo antecedente al raggiungimento della maggiore età». Il Palazzaccio accoglie il ricorso dell’uomo e cassa con rinvio il decreto impugnato.

martedì 28 marzo 2017

SEPARAZIONE E DIVORZIO: Il giudice non è tenuto ad ascoltare l’infradodicenne



SEPARAZIONE E DIVORZIO: Il giudice non è tenuto ad ascoltare l’infradodicenne
La prima sezione civile fa il punto sui doveri del magistrato nell’ambito di giudizi sullo stato di abbandono dei minori
Nell’ambito del giudizio di adozione il magistrato non è tenuto ad ascoltare l’infradodicenne, in assenza di una specifica istanza di parte, né a fornire alcuna motivazione. Al contrario, se sono i genitori biologici a fare richiesta dell’incontro, il giudice dovrà procedere e giustificare la capacità di discernimento del ragazzino.
Sono queste le conclusioni cui è giunta la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 5676 del 7 marzo 2017, ha respinto il ricorso di un padre biologico che si opponeva allo stato di abbandono del figlio usando come grimaldello il mancato ascolto del minore non ancora dodicenne.
È la vicenda di una coppia di un paesino vicino a Cagliari. Lei, tossicodipendente e lui assolutamente privo di coscienza rispetto alle esigenze di crescita del figlio.
In più le rispettive famiglie di origine non avevano manifestato alcun interesse per il piccolo. Ecco perché era scattato lo stato di abbandono, oggi reso definitivo dagli Ermellini.
Con una lunga e interessante motivazione la Suprema corte chiarisce che il giudice ha il potere discrezionale officioso di disporre l'ascolto del minore anche al fine di verificarne la capacità di discernimento. Non solo, il giudice deve disporre l'ascolto o motivarne l'omissione se vi sia un'istanza di parte che indichi "gli argomenti e i temi di approfondimento" (art. 336 bis, secondo comma cod. civ.) sui quali si ritiene necessario l'ascolto, scattando in mancanza la sanzione della nullità processuale. Lo stesso magistrato non ha l'obbligo, senza sollecitazione di parte, di giustificare la scelta omissiva. E infine, il compimento dei dodici anni in corso di giudizio e più esattamente nella fase d'appello impone di procedere all'ascolto del minore non effettuato nel grado precedente o di motivare espressamente la scelta negativa, anche senza istanza di parere.

lunedì 27 marzo 2017

Separazione: addebito al marito che tradisce, anche se lei lascia la casa



Separazione: addebito al marito che tradisce, anche se lei lascia la casa
Per la Cassazione la causa della rottura della coppia è la relazione extraconiugale che giustifica l'allontanamento dalla casa familiare
Lui tradisce e lei va via di casa? La separazione va addebitata al marito perché è sua la responsabilità della rottura della vita matrimoniale a causa della relazione extraconiugale. Lo ha stabilito la Cassazione con la recente sentenza n. 7469/2017 (qui sotto allegata) respingendo il ricorso di un uomo che si opponeva all'addebito della separazione a suo carico, insistendo sull'abbandono della casa coniugale da parte dell'ex moglie e dunque sulla sua violazione del dovere di coabitazione.
Ma a nulla valgono le doglianze dell'uomo, giacchè egli trascura un particolare importante, ossia il fatto che l'allontanamento dalla casa familiare da parte della ex era legato alla scoperta della relazione da lui intrattenuta con un'altra, la vera ragione della fine del rapporto.
Ciò giustifica pertanto, afferma la prima sezione civile, in accordo con quanto stabilito dal giudice d'appello, l'abbandono del tetto coniugale, in quanto "effetto della frattura dell'unione già verificatasi".
In quest'ottica, concludono gli Ermellini rigettando il ricorso, la corte di merito ha correttamente escluso la responsabilità della donna per il fallimento del matrimonio, osservando che l'allontanamento della stessa dalla casa coniugale "non costituiva violazione del dovere di coabitazione, essendo stato determinato dalla scoperta di una relazione intrapresa dall'uomo con un'altra donna, e individuando proprio in tale circostanza la causa dei litigi tra i coniugi e dell'irreversibile crisi del nucleo familiare, con la conseguente addebitabilità della separazione al ricorrente".



venerdì 24 marzo 2017

SEPARAZIONE: L'ex moglie ha un problema fisico. Legittimo l'aumento dell'assegno di mantenimento da 350 euro a 500 mensili.



SEPARAZIONE: L'ex moglie ha un problema fisico. Legittimo l'aumento dell'assegno di mantenimento da 350 euro a 500 mensili.
Decisivi i certificati medici prodotti in giudizio.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 5 dicembre 2016 – 20 marzo 2017, n. 7153
Presidente Dogliotti – Relatore Ragonesi

Fatto e diritto

“Il relatore Cons. R., letti gli atti depositati, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c. osserva quanto segue.
Il Tribunale di Roma con sentenza del 10.23.12 ha accolto la richiesta presentata del S. di scioglimento del matrimonio contratto con D. P. R. ponendogli a carico l'ammontare di 350,00 Euro a titolo di assegno mensile di divorzio.
La D. P. ha proposto appello contro la sentenza di prime cure lamentando che non era stata ritenuta provata la sussistenza della patologia di cui era affetta che ne condizionava la capacità lavorativa.
La Corte d'Appello con sentenza n. 7030/14 ,in parziale accoglimento del gravame, ha determinato in Euro 500,00 mensili l'ammontare dell'assegno di divorzio in favore della D. P.. Ricorre per cassazione il S. contestando la decisione assunta dalla Corte d'Appello.
Con l'unico motivo di ricorso il S. si duole per aver la Corte d'Appello attribuito a certificazione medica privata capacità e validità probatoria ponendo tali documenti a fondamento della decisione assunta e lamenta la violazione dell'art. 115 c.p.c. per la mancata indicazione degli elementi dai quali ha tratto il proprio convincimento.
Sotto diverso profilo contesta la valutazione del suo reddito in base alla quale è stato aumentato l'assegno.
Lamenta inoltre la condanna alla spese di giudizio.
La D. P. ha resistito con controricorso.
Il ricorso è inammissibile.
Quanto alla valutazione delle prove la Corte si è basata sui certificati medici prodotti e trattasi di valutazione sulla attendibilità degli stessi non soggetta a scrutinio in sede di legittimità.
Le ulteriori censure rese dallo S. a sostegno del suo ricorso sono che delle affermazioni apodittiche che tendono a fornire una diversa ricostruzione in fatto rispetto a quella effettuata dal giudice di merito e come tali non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità.
In particolare il reddito dello stesso risulta accertato dalla Corte d'appello in base ai CUD che agli estratti conto bancari. Trattasi di valutazione di merito non sindacabile in questa sede.
Per quanto concerne la compensazione delle spese, trattasi di valutazione discrezionale del giudice di merito anch'essa non sindacabile in sede di legittimità.
Ricorrono i requisiti di cui all'art 375 c.p.c. per la trattazione in camera di consiglio.

P.Q.M.

Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio.
Roma 11.07.2016
Il Cons. relatore"
Vista la memoria del resistente ;
Considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra e che, pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2000,00 oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre accessori di legge. Sussistono le condizioni per l'applicazione del doppio del contributo. Si dispone l'oscuramento dati personali in caso di pubblicazione