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mercoledì 9 ottobre 2013

L'assegno di mantenimento all'ex coniuge non decade se trova lavoro inadeguato La Corte di Cassazione, con sentenza n.23906 del 11 novembre 2009, ha confermato che l'assegno di mantenimento ha lo scopo di mantenere lo stesso tenore di vita che esisteva in costanza di matrimonio. Ha stabilito, infatti, che l'ex coniuge, in questo caso ex marito, deve continuare a versare l'assegno divorzile alla ex moglie, anche se giovane e ha trovato un lavoro che produce un reddito di importo insufficiente a mantenere un tenore di vita che si aveva in costanza di matrimonio. "Secondo l'orientamento di questa Corte espresso dalla sentenza delle sezioni unite 29 novembre 1990, n. 114 92, in tema di scioglimento del matrimonio e nella disciplina dettata dalla Legge 1 dicembre 1970, n. 898, articolo 5, come modificato dalla Legge 6 marzo 1987, n. 74, articolo 10 - che subordina l'attribuzione di un assegno di divorzio alla mancanza di "mezzi adeguati" - l'accertamento del diritto all'assegno divorzile va effettuato verificando innanzitutto l'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente a conservare un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso (Cass. 28 febbraio 2007, n. 4764; 23 febbraio 2006, n. 4021; 16 maggio 2005, n. 10210; 7 maggio 2002, n. 6541; 15 ottobre 2003, n. 15383; 15 gennaio 1998, n. 317; 3 luglio 1997, n. 5986) . L'accertamento del diritto all'assegno di divorzio si articola, pertanto, in due fasi, nella prima delle quali il Giudice e' chiamato a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi o all'impossibilita' di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, o che poteva legittimamente fondarsi su aspettative maturate nel corso del matrimonio, fissate al momento del divorzio. Nella seconda fase, il giudice deve poi procedere alla determinazione in concreto dell'assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nello stesso articolo 5, che agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerabile in astratto, e possono in ipotesi estreme valere anche ad azzerarla, quando la conservazione del tenore di vita assicurato dal matrimonio finisca per risultare incompatibile con detti elementi di quantificazione (ex plurimis Cass. 12 luglio 2007, n. 15610; 22 agosto 2006, n. 18241; 19 marzo 2003, n. 4040). Nella determinazione dell'assegno, il Giudice puo' desumere induttivamente il tenore di vita dalla documentazione relativa ai redditi dei coniugi al momento della pronuncia di divorzio (Cass. 6 ottobre 2005, n. 19446; 16 luglio 2004, n. 13169; 7 maggio 2002, n. 6541) costituendo essi, insieme agli immobili direttamente goduti dai coniugi, il parametro per determinarlo (Cass. 16 maggio 2005, n. 10210). Inoltre puo' dare motivatamente valore preminente, in relazione alla fattispecie, anche a uno solo dei criteri stabiliti dall'articolo 5, potendo cosi' giustificare la concessione dell'assegno anche solo in base alle condizioni economiche delle parti (Cass. 28 aprile n. 9876). Quanto, poi, all'impossibilita' di procurarsi mezzi adeguati di sostentamento per ragioni obiettive, tale presupposto dell'assegno comporta che detta indisponibilita' non deve essere imputabile al richiedente (Cass. 17 gennaio 2002, n. 432). Pertanto si deve trattare d'impossibilita' di ottenere mezzi tali da consentire il raggiungimento non gia' della mera autosufficienza economica, ma di un tenore di vita sostanzialmente non diverso rispetto a quello goduto in costanza di matrimonio, onde l'accertamento della relativa capacita' lavorativa va compiuto non nella sfera della ipoteticita' o dell'astrattezza, bensi' in quella dell'effettivita' e della concretezza (Cass. 29 marzo 2006, n. 7117), dovendosi, all'uopo, tenere conto di tutti gli elementi soggettivi e oggettivi del caso di specie in rapporto ad ogni fattore economico - sociale, individuale, ambientale, territoriale (Cass. 16 luglio 2004, n. 13169). I relativi accertamenti, attenendo al merito, sono incensurabili in questa sede se adeguatamente motivati."

domenica 6 ottobre 2013

Assegno di mantenimento.

Non ha diritto al mantenimento la ex che abbia adeguati redditi propri. Con la sentenza n. 12764 depositata ieri, 23 maggio 2013, la Corte di cassazione ha respinto il ricorso di una 63enne contro la decisione della Corte d’appello di Venezia che, in riforma della pronuncia di primo grado, le aveva revocato l’assegno di mantenimento in suo favore, fissato in sede di separazione in 2.500 euro mensili. Riteneva, infatti, il giudice di merito che la donna non avesse diritto all’assegno di mantenimento in quanto dalle emergenze processuali risultava titolare di un cospicuo patrimonio che le consentiva di mantenere lo stesso «alto» tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. La sesta sezione civile della Cassazione, investita del ricorso avverso. la detta sentenza della Corte di merito, ha ritenuto che questa ha compiutamente e coerentemente ricostruito, sulla base delle emergenze probatorie in atti, il tenore di vita tenuto dai coniugi in costanza di convivenza, ritenendo, alla luce delle condizioni economiche patrimoniali della ricorrente, che queste fossero del tutto adeguate a consentire il livello di benessere già caratterizzante la convivenza coniugale, con conseguente irrilevanza dell’accertamento giudiziale concernente la consistenza economico patrimoniale dell’altro coniuge. La decisione di revocare il mantenimento disposto in favore della ricorrente in sede di separazione si pone, secondo gli Ermellini, perfettamente in linea con la specifica funzione che l’art. 156 c.c. attribuisce all’assegno di mantenimento in favore del coniuge beneficiario, che è quella di garantire un tenore di vita pari od almeno simile a quello goduto in costanza di matrimonio. In detta prospettiva il giudice di merito deve innanzitutto accertare il tenore di vita dei coniugi durante il matrimonio, poi verificare se i mezzi economici a disposizione del coniuge gli consentano di conservarlo indipendentemente dalla percezione dell’assegno e, in caso negativo, deve procedere alla valutazione comparativa dei mezzi economici a disposizione di ciascun coniuge al momento della separazione. In questo senso il diritto alla corresponsione dell’assegno rinviene il proprio fondamento giustificativo nell’esigenza di cercare un riequilibrio delle condizioni patrimoniali delle parti, di modo che entrambi i coniugi possano mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.