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giovedì 14 aprile 2016

Separazione, mantenimento: conta capacità reddituale certa parte più debole, irrilevante breve durata vincolo



Separazione, mantenimento: conta capacità reddituale certa parte più debole, irrilevante breve durata vincolo
13-04-2016 07:10 - Cassazione Sezioni Civili

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con Sentenza n. 6433 del 2016 con la quale i supremi giudici hanno precisato che la mera attitudine al lavoro del coniuge richiedente l´assegno di mantenimento non è sufficiente, di per sè, a dimostrare il possesso di un´effettiva capacità a produrre reddito .
I Supremi Giudici hanno sottolineato, infatti, che bisogna necessariamente tener conto delle concrete prospettive occupazionali connesse a circostanze soggettive ed oggettive concrete, non potendosi invece operare una valutazione astratta ed aleatoria.
In altre parole gli Ermellini, ben coscienti della realtà economico- sociale In essere, hanno affermato che ai fini della richiamata valutazione Il Giudice deve necessariamente fare riferimento ai parametri su menzionati.
In effetti, i Giudici di prime cure si erano attenuti all´orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, che nell´ambito del relativo accertamento, ai fini del riconoscimento e della quantificazione del l´assegno, ha distinto due fasi: la prima diretta a verificare l´esistenza del diritto in astratto, in relazione all´inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello tenuto in costanza di matrimonio e che sarebbe stato presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso vincolo, o quale avrebbe potuto legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto; la seconda volta alla determinazione in concreto dell´assegno, sulla base delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonchè del reddito di entrambi, da valutarsi anche in rapporto alla durata del matrimonio.
La Corte di merito, in maniera indubbiamente corretta, aveva valorizzato anche la difficoltà di reperire un´occupazione adeguata, pur tenendo in considerazione la capacità lavorativa della giovane donna.
Inoltre, con la Sentenza in commento, i Supremi Giudici hanno precisato che la funzione eminentemente assistenziale di tale contributo, volto a tutelare il coniuge economicamente più debole, esclude la possibilità di negarne l´attribuzione in virtù della breve durata del matrimonio.

  • Fatto
FATTO E DIRITTO
E' stata depositata in Cancelleria la seguente relazione, ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c.:
"1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d'Appello di Roma ha accolto parzialmente l'appello proposto da S.A. avverso la sentenza emessa il 4 gennaio 2012, con cui il Tribunale di Frosinone, nel pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dall'appellante con A.R., aveva posto a carico di quest'ultimo l'obbligo di corrispondere l'assegno divorzile, ed ha rideterminato l'importo dell'assegno in Euro 500,00 mensili, da rivalutarsi annualmente secondo l'indice istat, con decorrenza dal mese di (OMISSIS), rigettando l'appello incidentale proposto dall' A..
2. - Avverso la predetta sentenza l' A. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, al quale la S. ha resistito con controricorso.
3. A sostegno dell'impugnazione, il ricorrente ha dedotto:
a) la violazione e la falsa applicazione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, sostenendo che, ai fini del riconoscimento e della determinazione dell'assegno, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della capacità lavorativa della S., comprovata dalla giovane età e dalla titolarità di un impiego retribuito, nè della sua possibilità di aspirare ad un'occupazione più adeguata alle sue esigenze economiche, ponendo a carico di esso ricorrente gli oneri conseguenti alla scelta della donna di stabilirsi a (OMISSIS) e trascurando la breve durata del rapporto coniugale, che aveva impedito la maturazione di aspettative in ordine al mantenimento di un elevato standard di vira;
b) la violazione e la falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c., affermando che, nel condannarlo al pagamento delle spese processuali, in virtù del rigetto dell'appello incidentale, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell'accoglimento soltanto parziale della domanda di rideterminazione dell'assegno divorzile, che avrebbe giustificato quanto meno la compensazione delle spese.
4. - Il primo motivo è infondato.
Ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno, la sentenza impugnata si è correttamente attenuta all'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, che nell'ambito del relativo accertamento distingue due fasi, la prima diretta a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi del coniuge richiedente, raffrontati ad un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio e che sarebbe presumibilmente proseguito in caso di continuazione dello stesso o quale poteva legittimamente e ragionevolmente configurarsi sulla base di aspettative maturate nel corso del rapporto, e la seconda volta alla determinazione in concreto dello assegno, sulla base delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione e del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ognuno e di quello comune, nonchè del reddito di entrambi, da valutarsi anche in rapporto alla durata del matrimonio (cfr. Cass., Sez. 1, 9 giugno 2015, n. 11870; 15 maggio 2013, n. 11686; 4 ottobre 2010, n. 20582).
Nel valutare l'adeguatezza delle risorse economiche a disposizione della S., essa non ha affatto omesso di conferire rilievo alla capacità lavorativa della stessa, avendo dato opportunamente atto che a seguito della separazione dal coniuge ella ha trovato occupazione come lavoratrice dipendente, ma avendo anche accertato che la relativa retribuzione non le consente di mantenere un tenore di vita comparabile a quello goduto nel corso della convivenza; nell'ambito di tale verifica, la Corte di merito ha peraltro valorizzato anche la difficoltà di reperire un'occupazione adeguata, in conseguenza dell'età della controricorrente e dell'attuale situazione di crisi economica, in tal modo conformandosi al principio, più volte ribadito da questa Corte, secondo cui la mera attitudine al lavoro del coniuge che richiede l'assegno non è sufficiente, se valutata in modo ipotetico ed astratto, a dimostrare il possesso di un'effettiva capacità reddituale, dovendosi tener conto delle concrete prospettive occupazionali connesse a fattori di carattere individuale ed alla situazione ambientale, nonchè delle reali opportunità offerte dalla congiuntura economico-sociale in atto (cfr. Cass., Sez. 1, 23 ottobre 2015, n. 21670; 17 gennaio 2002, n. 432; 19 luglio 1980, n. 4741). Non ha poi fondamento l'affermazione secondo cui la sentenza impugnata avrebbe fatto ricadere sull' A. i maggiori oneri conseguenti al trasferimento dell'abitazione della S. da (OMISSIS), in quanto, indipendentemente dal carattere necessitato di tale scelta, imposta dal reperimento di un impiego nella Capitale, la Corte distrettuale ha precisato di non averne tenuto conto ai fini del riconoscimento del diritto all'assegno. La funzione eminentemente assistenziale di tale contributo, volto a tutelare il coniuge economicamente più debole, esclude infine la possibilità di negarne l'attribuzione in virtù della breve durata della convivenza, la quale può venire in considerazione, in concorso con altri elementi, esclusivamente ai fini della commisurazione del relativo importo, a meno che, per volontà e colpa del richiedente, non abbia impedito la formazione di una comunione materiale e spirituale di vita tra i coniugi, in modo tale da far ritenere che il vincolo coniugale si sia solo formalmente costituito (cfr. Cass., Sez. 6, 26 marzo 2015, n. 6164; Cass., Sez. 1, 22 marzo 2013, n. 7295; 16 giugno 2000, n. 8233). Nella specie, peraltro, tale eventualità non è stata in alcun modo prospettata, essendo emersa soltanto una rilevante sproporzione tra la durata della convivenza (protrattasi per poco più di tre anni) e quella del matrimonio (scioltosi a circa quindici anni di distanza dalla celebrazione), rispetto alla quale la sentenza impugnata ha ritenuto, con motivazione immune da vizi logici, di dover attribuire prevalente rilievo al vistoso squilibrio tra le condizioni economico patrimoniali delle parti.
5. E' altresì infondato il secondo motivo.
Nel condannare l'appellato al pagamento delle spese processuali, nonostante l'accoglimento soltanto parziale del gravame principale, la sentenza impugnata ha fatto puntuale applicazione del criterio della soccombenza, avendo tenuto conto dell'esito complessivo del giudizio, sostanzialmente favorevole all'appellante, in quanto contraddistinto dalla liquidazione dell'assegno in misura superiore a quella determinata dalla sentenza di primo grado e dal rigetto dell'appello incidentale, con cui era stata chiesta l'esclusione dell'obbligo di corrispondere il predetto contributo. L'accoglimento soltanto parziale della domanda non attribuisce d'altronde alla controparte il diritto alla compensazione, totale o parziale, delle spese processuali, trattandosi di un provvedimento rimesso al potere discrezionale del giudice di merito, che prescinde da una valutazione della soccombenza in termini puramente quantitativi (cfr. Cass., Sez. 2, 11 gennaio 1979, n. 199; 26 gennaio 1978, n. 375)".
Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione e gli scritti difensivi in atti, ritiene condivisibile l'opinione espressa dal relatore e la soluzione da lui proposta.
Il ricorso va pertanto rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.
  • PQM
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna A.R. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in complessivi Euro 2.100,00, ivi compresi Euro 2.000,00 per compensi ed Euro 100,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1-bis.
Ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52, dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 19 febbraio 2016.
Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2016

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