Mantenimento
e nuova convivenza: linea drastica della Cassazione
L’unione di fatto intrapresa dall’ex dopo la
separazione fa venir meno il diritto al mantenimento che non rinasce neppure
qualora essa si rompa.
Sono molti coloro che, dopo la separazione o il
divorzio, intraprendono una nuova convivenza e, spesso, creano una nuova
famiglia. Ebbene, per quelli di loro che, sino ad oggi, hanno confidato sul
diritto a ricevere un assegno di mantenimento dall’ex sono in arrivo brutte
notizie.
La Cassazione, infatti, con una pronuncia di
pochi giorni fa [1] ha sancito un nuovo e importante principio: quello
secondo cui, quando uno dei coniugi abbia intrapreso una relazione di fatto,
non solo questa fa venir meno il diritto all’assegno divorzile, ma esso non
risorge nel caso in cui tale relazione venga a cessare.
Per meglio comprendere le conclusioni dei
Supremi giudici è bene fare un passo indietro.
Se, per legge [2], infatti, solo il
nuovo matrimonio è in grado di far cessare in automatico il diritto al
mantenimento da parte del coniuge economicamente più debole, tuttavia la Corte
già da qualche tempo aveva affermato [3] che la convivenza dell’ex
costituisce una circostanza in grado di far venir meno il diritto all’assegno.
Tale orientamento, tuttavia, partiva dal fatto
di attribuire un carattere temporaneo alla unione di fatto, sicché,
comunque, il diritto in questione poteva rinascere una volta che
l’ex beneficiario avesse provato la rottura della relazione.
Non vi era dunque nessuna certezza per il
coniuge onerato del mantenimento, il quale – in qualsiasi momento – poteva trovarsi
nuovamente obbligato a versare l’assegno. Situazione questa che, non lo si
può negare, ha costituito fino ad oggi oggetto di non pochi “abusi” solo
ove si pensi a tutte cessazioni delle convivenze intervenute “guarda caso” poco
prima di un divorzio, proprio quando, cioè, i coniugi si trovano a discutere
sulla spettanza o meno di un assegno divorzile.
Con questa pronuncia, quindi, la Suprema Corte
spiana la strada ad un orientamento che riconosce un nuovo e – crediamo
– più giusto peso alla famiglia di fatto, indicandola non solo nella
situazione di convivenza dei coniugi, ma innanzitutto – usando le sue parole –
in “una famiglia portatrice di valori di stretta solidarietà, di arricchimento
e sviluppo della personalità di ogni componente, e di educazione e istruzione
dei figli”.
E ciò, anche in ragione della necessità di
tutela del coniuge obbligato, il quale – sottolinea la Cassazione – è
giusto che possa confidare, in presenza di una relazione e convivenza di fatto
dell’ex, nel definitivo esonero dall’obbligo di versare l’assegno.
Requisiti della famiglia di fatto
È giusto precisare, tuttavia, che per i Supremi
giudici queste importanti ripercussioni economiche possono avere effetto solo
quando la convivenza intrapresa dall’ex sia di tipo stabile e
duraturo, al pari di quanto avviene nella famiglia fondata sul matrimonio.
Solo in questo modo, infatti, essa assume i connotati della famiglia di fatto
vera e propria; quella cioè che permette di considerare rescisso ogni legame
con il tenore di vita di cui alla convivenza tra marito e moglie e, di
conseguenza, venuto meno il presupposto per il riconoscimento di un assegno di
divorzio.
È giusto – aggiunge la Corte – che, chi decide di
intraprendere una relazione stabile, si assuma anche i rischi della cessazione
della convivenza che rappresenta anche una decisione di coerenza;
l’unione di fatto è, infatti, “espressione di una scelta esistenziale, libera e
consapevole, da parte del coniuge, eventualmente potenziata dalla nascita di
figli”.
La pronuncia in esame, che si allinea tra l’altro alla
posizione di altri Paesi europei (che addirittura parificano ad ogni effetto di
legge il matrimonio e la convivenza) sicuramente segna un passaggio importante
al riconoscimento da parte del legislatore di un maggiore valore sociale alle
famiglie di fatto.
La vicenda
Nel caso di specie la Suprema Corte ha accolto la
domanda con cui un uomo chiedeva di non dover più versare un assegno mensile di
1000 euro alla moglie; la donna infatti, nel periodo della separazione, aveva
intrapreso una stabile relazione da cui erano nati dei figli, ma che poi si era
conclusa.
In pratica
Se, fino a questo momento, l’orientamento della
giurisprudenza è stato quello di prevedere una sorta di sospensione del
beneficio economico dell’assegno divorzile fino alla permanenza dell’unione di
fatto del coniuge economicamente più debole, con questa pronuncia, la Suprema
Corte afferma che il diritto a beneficiare dell’assegno debba ritenersi cessato
(e che non possa più rinascere) anche nel caso in cui la relazione di fatto si
concluda.
[1] Cass. sent. n. 6855/15 del 3.04.15.
[2] Art. 5 co.10 L.898/70.
[3] Cass. sent.17195/11.
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