Niente addebito alla moglie infedele se è stata la
suocera invadente a far fallire il matrimonio
Affido condiviso, figli collocati presso
la madre: il venir meno dell´affetto fra i coniugi trova anche origine
nell´incompatibilità di carattere e negli scontri su questioni patri
Non scatta l’addebito della separazione a carico della moglie che intrattiene
una relazione extraconiugale durante gli ultimi tempi del matrimonio se la
crisi del rapporto è stato determinato dall’invadenza della madre di lui e il
venir meno dell’affectio coniugalis trova origine da scontri su questioni
patrimoniali e sull’incompatibilità di carattere tra i due che li portava al
continuo contrasto su ogni decisione riguardante la vita familiare e i figli.
Lo ha sancito la corte d’appello di Ancona che, con la sentenza 12/2014, ha
respinto il ricorso di un marito separato contro la decisione del tribunale di
Macerata che ha disposto l’affido condiviso dei due figli con collocamento
presso la madre a cui è stata assegnata la casa coniugale e posto a carico del
marito il mantenimento mensile in favore dei figli di 1.400 euro più la metà
delle spese straordinarie.
La sezione promiscua ha ritenuto congruo
il diniego dell’addebito della separazione a carico della ex moglie che,
durante gli ultimi tempi del matrimonio ha intrapreso una relazione
extraconiugale con un altro uomo. Ma per il giudice marchigiano i problemi che
hanno portato alla rottura del rapporto tra i due erano altri: in primis il
forte disaccordo su questioni patrimoniali, poi l’ingerenza della madre del
marito che abitava nella stessa palazzina e il carattere freddo e distaccato
del coniuge, oltre il suo unico interesse per i beni e il denaro.
Al riguardo, la Corte di merito ha
osservato che sull’addebito della separazione, in riferimento ai presupposti
della pronuncia dell’addebito ai sensi dell’art.151 co. 2 Cc, ha ripetutamente
affermato che siffatta pronuncia richiede di accertare se uno dei coniugi abbia
tenuto un comportamento contrario ai doveri nascenti dal matrimonio
espressamente indicati nell’art. 143 Cc, e perciò costituenti oggetto di una
norma di condotta imperativa. Ha tuttavia avvertito la giurisprudenza che il
giudice non può fondare la pronuncia di addebito sulla mera inosservanza dei
doveri di cui all’art. 143 Cc, dovendo, per converso, verificare l’effettiva
incidenza delle relative violazioni nel determinarsi della situazione di
intollerabilità della convivenza. Infatti la dichiarazione di addebito della
separazione implica la prova che la irreversibile crisi coniugale sia
ricollegabile esclusivamente al comportamento volontariamente e consapevolmente
contrario ai doveri nascenti dal matrimonio di uno o di entrambi i coniugi,
ovverosia che sussista un nesso di causalità tra i comportamenti addebitati e il
determinarsi dell’intollerabilità della ulteriore convivenza; pertanto, in caso
di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai
predetti doveri tenuto da uno dei coniugi, o da entrambi, sia stato la causa
efficiente del fallimento della convivenza, legittimamente viene pronunciata la
separazione senza addebito.
Nel caso in esame, il marito basa la
richiesta di addebito sulla violazione dell’obbligo di fedeltà della moglie che
aveva un altro uomo, processualmente accertato: ma già il Tribunale aveva
escluso che tale relazione sia causa esclusiva del venir meno dell’affectio
coniugalis, poiché la crisi sfociata nella separazione persisteva da tempo e
traeva origine da scontri su dispute patrimoniali e dall’incompatibilità di
carattere tra i due che li portava al continuo contrasto su ogni decisione
riguardante la vita familiare e i figli.
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