Il padre che
trascura i figli risarcisce il danno
Commette un
illecito civile chi priva il minore di un'importante figura di riferimento. Il
punto della giurisprudenza
Separazione
e divorzio sono eventi che coinvolgono in particolar modo i figli delle
coppie che decidono di porre fine al loro rapporto. Non tutti i genitori,
infatti, alla fine della relazione riescono a mantenere con la prole un
rapporto scevro dalle implicazioni che l'evento ha avuto con il partner,
nonostante la legge cerchi di tutelare il più possibile i minori
incentivando la presenza dei genitori sia personalmente che economicamente
nell'interesse dei figli. Spesso, addirittura, il genitore neppure riconosce
il figlio avuto da una relazione, costringendo l'altro ad accollarsi gli
oneri di mantenimento e privando il minore di un'importante figura di
riferimento per la sua crescita.
Si parla del
cd. diritto alla bigenitorialità, espressamente menzionato dall'art.
337 ter del codice
civile, secondo il quale "Il figlio minore ha il diritto
di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei
genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da
entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i
parenti di ciascun ramo genitoriale". Un diritto che si salda con
la previsione Costituzionale secondo cui "È dovere e diritto dei
genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del
matrimonio".
La
giurisprudenza, trovatasi ad affrontare diverse casistiche di trascuratezza
e privazione affettiva da parte del genitore nei confronti dei figli, se da
un lato ha confermato gli obblighi del genitore di concorrere al mantenimento
del figlio, anche laddove la procreazione sia stata
successivamente accertata con sentenza, e che le condotte
inadempienti di un genitore possano integrare anche il reato di cui all'art.
570 del Codice Penale (Violazione degli obblighi di assistenza familiare),
ha evidenziato anche la sussistenza di un vero e proprio illecito
civile, conseguente alla violazione dei doveri inerenti
all'assistenza, alla cura, al mantenimento e all'istruzione del figlio,
derivante dalla volontaria, grave e reiterata sottrazione agli obblighi tutti
derivanti dal rapporto di filiazione.
La Corte di
Cassazione, nella sentenza n. 5652/2012, riguardante un figlio mai
riconosciuto dal padre fino ad intervenuta sentenza ad hoc, ha confermato il
risarcimento danni di natura non patrimoniale per la subita lesione dei
fondamentali diritti della persona inerenti la qualità di figlio,
precisando l'ambito del c.d. illecito endofamiliare: si tratta di
comportamenti che, ove cagionino la lesione di diritti costituzionalmente
protetti, possono integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo ad
un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai
sensi dell'art. 2059 c.c.
Stesso
risultato anche nella sentenza n. 16657/2014 della Suprema Corte,
riguardante due figli che il convenuto non aveva riconosciuto e dei
quali si era del tutto disinteressato, avendoli abbandonati e avendo fatto
mancare loro l'assistenza morale e materiale. Il genitore, precisa la
Corte, è responsabile della violazione degli obblighi nascenti dal
rapporto di filiazione, per avere privato i figli
dell'affettività paterna, per avere dimostrato totale insensibilità nei
loro confronti, come dimostrato dal rifiuto di corrispondere i mezzi
di sussistenza e negato loro ogni aiuto, non solo economico, con
conseguente violazione di diritti di primaria rilevanza costituzionale.
Infatti,
la violazione dei doveri di mantenimento, istruzione
ed educazione dei genitori verso la prole, a causa del disinteresse
mostrato nei confronti dei figli per lunghi anni è un
comportamento idoneo ad integrare un fatto generatore di
responsabilità aquiliana, poichè rivelatore di responsabilità
genitoriale per avere deprivato i figli della figura genitoriale, che
costituisce un fondamentale punto di riferimento soprattutto nella
fase della crescita.
Principi
avallati anche dalla giurisprudenza di merito: il Tribunale di Venezia,
sezione terza, civile, in una sentenza del 30 giugno 2004 ha verificato la
lesione di un diritto fondamentale del figlio laddove questi venga immotivatamente
trascurato o rifiutato dal genitore, privato dell'apporto morale e
assistenziale che, trascendendo l'ambito strettamente patrimoniale,
evidenzia una lesione risarcibile e riconducibile del c.d. danno esistenziale.
Di recente
il Tribunale di Roma, sentenza n. 11564/2016, ha condannato un
padre a risarcire ai figli il danno non patrimoniale per la lesione subita a
seguito della privazione della figura paterna, non avendo il genitore versato
il mantenimento, frequentato gli incontri con i figli e occupatosi della loro
crescita dopo la separazione o il divorzio. Anche qui indubbia la configurazione
di un illecito che giustifica il risarcimento per i figli una volta divenuti
maggiorenni.
Si tratta di
un danno che può essere fatto valere addirittura contro gli eredi del genitore,
come dimostra la sentenza della Corte di Cassazione n. 3079/2015,
con cui gli Ermellini hanno evidenziato che il disinteresse dimostrato da
un genitore nei confronti di una figlia aveva integrato sia la
violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, e
incrinato quei diritti nascenti dal rapporto
di filiazione riconosciuti e tutelati dalla Costituzione e dalle
norme internazionali.
Alla figlia,
trascurata per tutta la vita del padre, la Cassazione riconosce il diritto
ad agire nei confronti della moglie e figlia "legittima" del
genitore defunto, in qualità di suoi eredi, per il risarcimento del danno non
patrimoniale derivante dall'abbandono, oltre che dal mancato mantenimento, e
dal